Quando avevo 6 anni circa, abitavo in una casa piccola in una stradina piccola chiamata Via Carmine. Era nel centro storico del mio paese, con le case dai muri bianchissimi, rinfrescati ogni anno all’arrivo della bella stagione. La calce si comprava da un ometto che compariva puntuale con il caldo, con il suo ‘motocarretto’, carico di pietre da sciogliere. Arrivava l’estate e tutte li a strofinar chiancole con candeggina e ‘briscone’, la spazzola dura che lucidava qualsiasi pietra. Tutte le donne facevano a gara a chi teneva i gradini esterni delle case più puliti e bianchi, e ognuna andava orgogliosa del proprio lavoro e della propria bravura. Passeggiando per le stradine si sentiva odore di pulito, ma del pulito vero, e si apprezzavano i vasi fioriti che rendevano ancora più belle le case. Ed era bello passeggiare in un luogo dove tutti si conoscevano e al calare della sera, finite le faccende, si mettevano fuori le sedie e tutte insieme si parlava, si ‘spizzicavano’ fave, si lavorava a maglia, ci si riposava un pò, ma sempre in compagnia.
Di fronte a casa mia c’era uno dei due negozietti di generi alimentari del quartiere. Piccolo ma pieno pieno di tutto quello che serviva nelle nostre case. A me non era consentito andar giù in strada a giocare, perchè quello era privilegio dei maschi. Però mamma mi mandava sempre al negozio, dalla signora Peppinella, a comprare ora due acciughe sotto sale, ora mezzo chilo di spaghetti (tenuto insieme dalla carta blu), ora un pezzo di formaggio da grattugiare. Non si comprava il pane, nè la salsa di pomodoro perchè si facevano in casa. Il latte ce lo portava ogni giorno Ciccillo, al calar del sole, con la sua bicicletta con cassettina e bidoncino al seguito. E quando serviva qualcosa, i soldi erano contati, al centesimo. E non c’era verso di farci comprare le caramelle, le cioccolate o altre cose ritenute lussi. I capricci non funzionavano mai con mia madre. Era no e basta. Però ogni tanto, in momenti di debolezza o perchè meritavamo un premio ci consentiva di comprare 10 lire di Nutella. Andavamo di corsa da Peppinella e lei toglieva il coperchio giallino di una coppa di plastica piena di nutella, posata sul banco, riempiva un cucchiaio di legno di quella meraviglia e la posava in un foglio quadrato di carta oleata, precedentemente tagliato della giusta misura, per non sprecare.
Hai voglia a dire ‘E dai Peppinella, mettine di più!’. Lei rispondeva ‘che 10 lire mi hai chiesto! ne vuoi 15 o 20?’. E noi rassegnati facevamo di no con la testa, perchè tanto mamma i soldi ce li dava contatissimi, senza speranza.
E allora con gli spruzzi dell’acquolina in bocca prendevamo questo tesoro e ci acquattavamo in un posto tranquillo, aprivamo questo cilindro di carta chiuso ai bordi, ci riempivamo del profumo della cioccolata, poi lo piegavamo a metà, premevamo con le mani per distribuirlo quanto più possibile su tutta la superficie, lo aprivamo e…. cominciavamo a leccare tutto il foglio, imbrattandoci pure il naso, ma godendo da matti.
Vi chiederete perchè ho raccontato tutto questo.
Ma dovrò cominciare dall’inizio. Anzi continuare il post precedente, nel quale vi avevo già detto che avrei dato un’altra ricetta.
Dopo aver fatto le due marmellate non volevo buttar via le bucce che nel frattempo erano diventate tenere e profumate. Le ho candite e sotto vi dirò come e poi una parte di esse le ho pure ricoperte di cioccolato. Dopo averle immerse nel cioccolato le ho posate su un foglio di carta da forno, che oggi sostituisce la carta oleata. E quando si sono asciutte per bene le ho riposte in una scatola di latta ma, guardando il foglio con tutta quella cioccolata non ho potuto fare a meno di ricordare le mie golosità di bambina piccola e…allora, ho posato il foglio su un piatto che ho messo su una fonte di calore… la cioccolata si è sciolta e così….. ho ritrovato la mia infanzia, leccandomi tutta la cioccolata, senza pudori.
E ora vi consiglio di preparare questa ricetta semplice, non solo per recuperare le scorze di arance biologiche, così tanto preziose oggi, ma anche per creare delle piccole golosità da tirar fuori quando vi sentite un pò giù. A me, le arance e le scorze fanno sempre un effetto energizzante.
Bucce d’arancia candite
- 1 litro di acqua
- 300 g di zucchero
- scorze di arancia già bollite (vedi ricetta marmellata di arance n.2)
Versare lo zucchero nell’acqua e portare ad ebollizione e continuare a bollire fino a quando si sarà addensato.
Immergere e bucce e farle cuocere almeno 15 minuti.
Scolarle con una schiumarola e lasciar raffreddare lo sciroppo che, una volta raffreddato potrete utilizzare per inzuppare dolci o macedonie.
Una volta fredde, le bucce potrete semplicemente farle rotolare in zucchero semolato o immergerle in cioccolato fondente fatto sciogliere
la cioccolata nella carta oleata...anche qui era cosi... ci sono passata anche io...che ricordi!
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