Accidenti, scopro solo ora che sto aspettando invano che cuocia quello che ho messo nel forno. La luce è accesa, la temperatura impostata, ma il pulsante dell’avvio non si è acceso. Maledetto. E ora, quando pensavo fosse già tutto pronto, che alle 14,30 mi tocca ri-uscire per le commissioni pomeridiane, devo ripartire con il programma.
Sono stanca di questo programmare e programmare quello che ho da fare, quello che devo fare che non sempre corrisponde a quello che voglio fare. Ma anni, decenni di insegnamenti sul senso di responsabilità, mi portano, checchè ne dicano gli acidi che mi seguono, a temporeggiare con il piacere per privilegiare il dovere. HO solo la fortuna che spesso mi piaccia anche il dovere. Spesso, appunto, ma non sempre. E quando il sole ancora riscalda quest’aria che respiro, lo vivo sempre come un invito alla diserzione.
Intanto oggi devo cucinare solo per me e, lottando anche qui tra i voglio, i devo e quello che ho, butto velocemente nell’acqua che bolle 6-7 foglie di verza nuova, di quelle verdi, così la comincio da fuori e piano piano arriverò al centro, a quelle tenere, e strada facendo deciderò in quanti modi sono in grado di cucinare le sue foglie. Stupendomi e godendomi il suo sapore che, da sempre, adoro.
In forno ho infilato patate e una specie di polpettone a forma di girella preparato in un momento di solerzia e congelato per i momenti di inerzia, giusto perchè devo svuotare il freezer e per l’occasione dimentico che mi sono votata alla causa vegetariana, rifiutando carne. Ma non abbastanza per buttare la roba da mangiare. In fondo non sono mai stata una coerente io e, più che le convinzioni mi accompagnano i desideri. Quindi ho decisioni altalenanti che piuttosto che farmi sentire in colpa, mi rendono simpatica a me stessa e, soprattutto, umana.
Quindi…. ho mezz’ora di tempo per le parole. Se sarà pronto qualcosa da mangiare, bene, sennò spengo tutto e rimando per cena, tappandomi lo stomaco con una fetta di pane, pomodoro e rucola, pranzo veloce, sempre affidabile e a portata di fame.
E’ da stamattina dicevo che giro per casa, in un turbinio di pensieri da memorizzare, di cose da buttare, di valigie da preparare ancora, di telefonate di chi vuol venire a camminare (non correre) con me, di libri da finire di leggere perchè mi hanno preso a morire, e quelli quando prendono, non ti lasciano più nemmeno nel sonno. E se non li finisci stai sempre la con la testa. E li si mischia piacere puro per la lettura, sofferenza per la storia, invidia per chi sa scrivere così bene, e desiderio di finire e speranza che non finisca mai. Il libro di questa volta è ‘Accabadora’. Accidenti che storia. E l’ho finito 10 minuti fa, e si vede, perchè quando leggo poi mi viene anche un flusso irrefrenabile di parole da scrivere. E questa cosa quanto mi piace…. E questa cosa mi fa decidere di mandare al diavolo tutti i social e gli iphone e i commenti e le app che ti prendono la mente e l’attenzione e non ti lasciano più. Una sorta di ipnosi regressiva, ma nel senso che ti fanno regredire allo stato di larva idiota con l’occhio fisso che segue lo schermo anche da lontano, attratto come da una malìa.
Ci dovrebbero essere anche per questo delle comunità di disintossicazione, o semplicemente in un momento di lucidità scappare via dal virtuale. Spegnere tutto e accorgersi che c’è la luce intorno a noi, e ci sono persone che vogliono parlarci dal vivo, strade di campagna dove andare a passeggiare e fogli di carta vera da riempire di sogni.
Ma tutto questo da domani.
Vado a vedere cos’è questo odore. Mi stupirei se fosse tutto bruciato, o non mi stupirei affatto dato che quando mi prende la cosa dello scrivere dimentico il mondo e l’orologio.
Da non credere. E’ tutto cotto alla perfezione. L’odore è strepitoso.
La verza sarà condita solo con un filo d’olio e un pò di pepe nero.
La carne è semplicemente un pasticcio di macinato misto impastato a polpettone con al centro una fetta di prosciutto cotto e prezzemolo e qualche pezzettino di parmigiano. Schiacciato, arrotolato e tagliato a fette per congelarlo.
le patate le ho messe accanto alla fetta del polpettone, vicine vicine, con solo un pò di sale su, e per tutto quello che deve cuocere solo un filo di olio sotto.
In forno a 200° sennò brucia, e invece così cuoce piano ovunque.
Bene io vado. Grazie per la compagnia e buon appetito.
Ah dimenticavo! Mi metto anche la tovaglia ricamata che mi ha regalato la mamma quando si è accorta che, mentre me la mostrava, me la guardavo con occhi incantati.
Oggi mi voglio bene. Vogliatevene anche voi.